Conseguenze dell’isolamento
Se ne parla tanto, sui social, articoli sui giornali, discussioni tra opinionisti, dichiarazioni e commenti fatti da tutti. Insomma, ognuno, a titolo o non, ha detto la sua. Alcune dichiarazioni sono state catastrofiche, alcune troppo semplicistiche, alcune ovvie e banali.
Siamo sinceri, questa è una situazione poco conosciuta perché gli effetti psicologici dell’isolamento sociale ancora non sono noti perfettamente. Sono iniziati diversi studi in diversi paesi nel mondo e ovviamente sono ancora in atto. Quindi tutto quello che troverete scritto in giro sono solo teorie, supposizioni, molto plausibili, deduzioni, ma nessuna certezza. Conosciamo qualcosa di simile, ma molto limitato, durante la SARS in Cina e Canada, e durante l’ Ebola in alcuni stati africani. Ci sono studi sull’isolamento degli astronauti, privazione sensoriale di persone che hanno vissuto in un lungo periodo in grotte, eremiti lontani da qualsiasi contatto umano, monaci buddisti in prolungato ritiro spirituale e in uno stato di profonda meditazione. La cosa che differenzia tutto ciò, del momento che viviamo, è che nei casi appena elencati c’era la loro volontà, la loro consapevolezza, la loro motivazione per un fine, uno scopo. Inoltre, in genere, alle loro spalle c’era una lunga preparazione fisica e psichica per affrontare quella situazione. Soffermiamoci brevemente su alcuni aspetti dell’isolamento che viviamo e facciamo alcune riflessioni.
Solitudine, forse è l’aspetto più evidente, uno degli aspetti che colpisce di più, forse perché noi come specie, in questa era particolare, ci alimentiamo di contatti sociali, di relazioni. Siamo abituati ad abbracciarci, stringere la mano, baciarci. La privazione di tutto ciò ha ripercussioni ora e l’avrà anche dopo, sia sulla psiche che sia sul corpo, anche perché mente e corpo sono spesso due faccie della stessa medaglia. Gli studi fatti sulla solitudine, che ha sempre afflitto, in condizioni normali, una fetta della popolazione, hanno riscontrato un aumento dell’irritabilità , un aumento del rischio di ansia cronica e di depressione, inoltre un aumento di malanni sul versante fisico. La solitudine porta maggiore stress, molto probabilmente perché siamo soli ad affrontare qualsiasi problema, siamo più vulnerabili. Lo stress protratto, inoltre, porta ad una deficienza immunitaria, disturbi del sonno oltre che danni cardiovascolari. In questo periodo la solitudine è più focalizzata, siamo più attenti al nostro stato, ai segnali di esclusione sociale, ai like non raggiunti sui social, ai commenti e alle condivisioni, alla frequenza di quando siamo ricercati. Nelle persone che hanno un alta percezione di solitudine spesso confermano il loro stato di solitudine sociale.
Convivenza forzata, in questo periodo siamo isolati da tutto il mondo, da tutti ma spesso incastrati in convivenze forzate con persone con cui condividiamo la nostra casa, in molti casi sono solo pochi metri quadrati. La convivenza forzata, in molti casi senza uscire quasi mai, anche con i propri figli e partner, può essere abbastanza pesante. Il paradosso, non si riesce ad essere da soli! La quotidianità di diverse persone è stravolta e la convivenza con i problemi di ognuno, non è sempre facile da condividere.
Ansia, ovviamente è la situazione più riscontrata, ognuno in questo periodo l’ha vissuta o ancora adesso la vive. Definiamo, però, meglio questo aspetto senza pretendere di essere esaustivi. L’ansia può insorgere, come in questi casi, da una forte preoccupazione. Possiamo elencare ad esempio la paura del contagio per sé e per i propri cari, in modo particolare se questi sono anziani o persone vulnerabili. Possiamo aggiungere la preoccupazione per la propria condizione economica, magari scaturita dal blocco della propria attività lavorativa. L’ansia potrebbe insorgere anche dal pensiero di uscire, probabilmente pensando che gli altri possano essere una potenziale minaccia, avere il controllo della distanza, avere l’incertezza di quando indossare la mascherina, la confusione se si è in regola, con i casi elencati nell’autocertificazione, ad uscire. Tutte questo può produrre un’ansia cronica, perché è stimolata da una situazione prolungata a bassa intensità, diversa dall’ansia funzionale scaturita da un evento forte ma di durata limitata. A tutto questo si aggiunge il maggior controllo che ognuno inizia ad avere del proprio corpo, viene monitorato ogni variazione termica, uno starnuto, un colpo di tosse, ecc. Per le persone già precedentemente predisposte possiamo giungere anche ad attacchi di panico. Si può ipotizzare, in una fetta della popolazione, anche un disturbo post-traumatico da stress, quando, finita completamente l’emergenza, si vivrà lo stato di allerta di questo periodo, si rivivrà tutto questo, fino ad evitare quelle situazioni che danno la percezione del momento traumatico vissuto attualmente.
Sopravvivenza, cosa si può fare? Possiamo iniziare dalle misure ovvie come trovare il giusto rapporto tra tempo libero e lavoro, per chi lavora a casa, cercando il più possibile di separare nettamente le due cose per non essere travolto e sentirsi in ogni momento al lavoro con il computer trasportato da una parte all’altra della casa. Questo ed altro ci serve per aver un minimo controllo. Se non possiamo controllare quello che ci succede in questo periodo, possiamo controllare il modo in cui viverlo, apprezzando i lati positivi, il tempo da dedicare alla famiglia, agli hobby, a tutto ciò che abbiamo sempre rimandato. Apprezzando di aver abbandonato per un po’ le ore di fila, il traffico, le corse sfrenate, i ritardi dei treni, la metro affollata, ecc. Approfittiamo di tutto questo per rigenerarci dallo stress provocato dalla sveglia all’alba fino al traffico per ritornare a casa. Sopravvivere è anche ricreare quella routine che avevamo perso. Per ridurre ansia e spaesamento bisogna crearsi nuove abitudini, nuovi punti di riferimento della nostra quotidianità, creare una nuova normalità al posto di quella che avevamo. Probabilmente la prossima normalità sarà un mix della precedente e di quella attuale. La nostra mente, in questo modo, non si perde nella continua ricerca di notizie, in pensieri incerti sul futuro, nelle cose che non si possono più fare o altri pensieri, spesso irrazionali.
Coltiviamo l’altruismo, ciò aiuta anche la nostra sopravvivenza. Preoccuparsi di chi è in casa da solo, partendo dai nostri parenti, amici e conoscenti. La consapevolezza di fare qualcosa per la comunità, in modo particolare per le persone più fragili, vulnerabili, ci rinforza e ci unisce agli altri. La condivisione, l’appartenenza allo stesso gruppo di ” isolati sociali “, riproduce e sostituisce in qualche modo ciò che abbiamo fatto sempre nella nostra normalità, partecipare ai “grandi eventi”. Nella precedente normalità erano i concerti, le manifestazioni, feste pubbliche o altro a procurarci una sorta di eccitazione condivisa. Vivere insieme le stesse emozioni è qualcosa che ci ha sempre distinto come specie, prima, adesso e quasi sicuramente anche dopo. Lo abbiamo notato all’inizio con le canzoni ai balconi, ognuno in qualche modo ha provato una sua emozione, sapere che allo stesso orario altri provano emozioni molto simili riproduce una nuova emozione, quella di appartenenza collettiva.
Notizie, la stessa OMS raccomanda di sottrarsi dall’infodemia. Il continuo ascoltare, leggere informazioni sulla pandemia aumenta la nostra agitazione, la nostra ansia. Cosa possiamo fare di fronte a questa esigenza che spesso non riusciamo a controllare? Con il nostro controllo! Dedichiamo solo alcuni momenti prestabiliti, un orario ad esempio, per informarci ed essere aggiornati sulla situazione. Decidiamo cosa fare, sugli aspetti pratici per fronteggiare i vari problemi che si presentano. Colleghiamoci ai siti governativi per non incorrere in Fake news, opinionisti senza una formazione scientifica, sociale o psicologica. Ognuno di noi si sarà imbattuto in catastrofisti, complottisti o coloro che sminuiscono ogni cosa, ciò può alimentare uno stato di confusione e la mancanza di definizione del proprio futuro. Caratteristiche queste che alimentano in alcuni soggetti forti stati depressivi.
Iperconnessione, la tecnologia in questo periodo ci ha aiutato molto, l’abbiamo apprezzata e sviluppata perché ci ha permesso di mantenere una certa parvenza di normalità nella nostra vita quotidiana. Grazie ad essa la scuola ha continuato in qualche modo il suo percorso, il lavoro, per tanti, si è ridefinito in Smart working, abbiamo continuato le conferenze, convegni o solo incontri tra amici. La nostra informazione, la formazione passa attraverso i nostri dispositivi con la comodità di essere a casa, in qualsiasi posto, dal divano al letto. Ora senza nessun dubbio ci salva, abbiamo addirittura temuto nei primi giorni un crollo delle connessioni. Ma la prospettiva futura, quale sarà? Il tempo trascorso sui social media è più che raddoppiato in tutte le fasce di età comprese gli ultrasettantenni. Tutto questo è sempre stato criticato da tutti noi, sociologi e psicologici compresi. Molto probabilmente, però, si avrà, nel prossimo futuro, una sorta di validazione di questo comportamento. Gli anziani hanno avuto un’occasione per acquisire capacità digitali che potranno essere utili nella società del prossimo futuro ma una grandissima fetta di giovani potrà preferire questo tipo di comunicazione virtuale a quella reale. La prima più sicura e comoda, la seconda ha bisogno di più risorse, più dinamiche ed un coinvolgimento emotivo maggiore.
Conclusioni, in realtà non ci sono, ma solo riflessioni che ognuno può e deve fare. Ognuno deve essere proteso verso i cambiamenti che sono crescita. Il cambiamento avviene senza rigidità, senza schemi predefiniti, avviene accettando un buon grado di incertezza, avviene mettendosi in gioco anche con le nostre paure ed ansie. Il cambiamento è novità, cerchiamo di sfruttare tutto questo per avere maggior grinta nei nostri sogni, in ciò che abbiamo sempre desiderato. Abbiamo scoperto che il tempo per fare le cose si può interrompere in qualsiasi momento e non tutto sarà sempre come prima. Ognuno si consideri sopravvissuto, con la facoltà di aver avuto una nuova possibilità, da non sprecare.
Dott. Gennaro Pirillo