Archivio degli autori Gennaro Pirillo

DiGennaro Pirillo

Essere emotivamente instabili

L’instabilità emotiva avviene quando subiamo oggi qualcosa che è successo ieri. Se non riusciamo ad immaginare cosa, molto probabilmente si tratta di esperienze precoci. L’instabilità è una serie di stati emotivi che si acquisiscono come risposta ad esperienze d’infanzia complicate e spesso traumatiche. Se un bambino deve gestire grossi carichi emotivi  senza alcuna validazione su ciò che sta accadendo quasi sicuramente ciò può lasciare un segno.

L’instabilità emotiva è la tendenza a sperimentare emozioni negative, come rabbia, ansia o depressione ed essere vulnerabile allo stress. La persona non ha un buon rapporto con le emozioni, non ha imparato a riconoscere e validare le proprie emozioni, la persona sviluppa una emotività immatura che le consente solo di riconoscere alcune emozioni primarie ( rabbia, paura, gioia, tristezza…) perdendo le loro sfumature. In genere le persone emotivamente instabili si descrivono “molto sensibili, molto empatiche” perché amplificano qualsiasi emozioni sia provenienti dall’interno che dall’esterno. In questo caso le emozioni non guidano la persona ma la travolgono. 

Le persone instabilmente emotive tendono ad avere un eccessivo senso di giustizia anche se in realtà hanno una scarsa intolleranza all’ingiustizia perché le vivono come un affronto personale. 

Inoltre odiano essere subordinati a qualcuno. Non amano le costrizioni che possono attivare la rabbia come nel caso delle ingiustizie. Spesso possiamo notare in queste persone l’attuazione  di veri di meccanismi di difesa proiettando sugli altri sentimenti e caratteristiche proprie, che potrebbe confondersi con l’invidia ma che in realtà spesso è solo  l’inconsapevolezza dei propri vissuti interiori. Altri meccanismi di difesa che possono caratterizzare queste persone sono la somatizzazione, svalutazione, idealizzazione, moralizzazione, sessualizzazione, spostamento e sublimazione. Quest’ultimo ad esempio lo notiamo quando persone incalano tutte le loro energie in attività socialmente accettate. L’instabilità emotiva è caratterizzata anche da distorsioni cognitive, cioè errori di interpretazione che hanno lo scopo di proteggerci ma che non fanno crescere la persona. Altra caratteristica riscontrata è la reattività o la passività, ricordiamo che le persone stabilmente emotive sono proattive, cioè tendono a prevenire le situazioni. Altra caratteristica significativa è la rigidità e la paura di doversi adattare a contesti diversi poiché di traduce in un controllo su tutto, sintomo di una profonda insicurezza esistenziale è sinonimo sìdi ansia. Concludendo le persone emotivamente instabili sono cicliche, cioè spesso affrontano fasi periodiche, dei cicli intervallati di gioia e tristezza. L’aiuto di un professionista  può aiutare a fare chiarezza e dare una giusta dimensione alle emozioni.

DiGennaro Pirillo

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA

Covid e Bambini: “  istruzioni per l’uso”

 I Bambini hanno capacità di prendere tutto come un gioco e di avere plasticità mentale, questo è fondamentale per il cambiamento e l’adattamento. Il Sostegno psicologico ai bambini è fondamentale per non lasciare cicatrici. Oggi più che mai, con il ritorno alla socialità i bambini sono in prima linea. L’opinione pubblica sembra essere distratta,  non ha  ben chiaro come il Covid incida, e molto, sull’aspetto emozionale dei bambini.  Non bisogna negare o minimizzare sui loro sentimenti, ma al contrario rassicurarli e spiegare che è normale, c’è chi sta combattendo per sconfiggere il Covid. L’obiettivo di noi tutti, tra le nostre problematiche economiche, di incertezza, è  sopratutto il bisogno di aiutare i bambini a vivere questo momento difficile. Importante, anche se ripetitivo, ai bambini è molto importante rispondere sempre in modo semplice, rassicurante e sincero. Evitare di dire bugie, spiegare cos’è il coronavirus e come si fa a difendersi, così sarà più semplice accettare e rispettare le regole. Spiegargli in modo semplice e rassicurante che l’infezione da Sars-Cov 2 è una nuova malattia ma tanti medici e infermieri stanno facendo di tutto per curare ogni ammalato e gli scienziati stanno studiando per trovare la cura giusta per sconfiggere il virus. Spesso i bambini sono spaventati, sentono tanti discorsi e hanno dei momenti di paura rapportandosi al covid. Lo stesso fatto di doverli isolare, assieme ad un adulto crea ansia, preoccupazione, gli si chiude un mondo e si apre una finestra di un percorso fatto di incertezze in cui il tampone è sicuramente qualcosa di più invasivo rispetto a quanto accade per i più grandi. Raccontiamo ai bambini più piccoli il Covid come una favola, dove l’eroe sconfiggerà il “cattivo” usando comportamenti che vanno dall’uso della mascherina, al lavaggio delle mani ( non quello veloce) e a tutti quegli accorgimenti che sappiamo devono essere messi in atto.

E’ fondamentale ricordarsi che nei momenti di timore i bambini hanno bisogno di ricorrere alle figure di riferimento, che sono i genitori, gli adulti.  Dare loro sicurezza è importante per rassicurarli e non farli sentire disorientati. I bambini, a differenza degli adulti “soffrono un po’ alla volta”, cioè mostrano un’alternanza di reazioni sia emotive che comportamentali. Ad esempio, possono avere forti crisi di pianto o rabbia e, un attimo dopo, sembrare distaccati o indifferenti. Possono entrare pienamente nel gioco per poi avere momenti di sofferenza, come paure improvvise o incubi notturni. Le reazioni più comuni sono tristezza, colpa, rabbia, paura, confusione e ansia soprattutto se vivono in condizione di isolamento, che porta allo sconvolgimento dei ritmi ordinari. Tutto questo lo abbiamo vissuto durante il lockdown della prima fase. Per prima cosa, è opportuno che anche gli adulti di riferimento prendano atto della propria paura. E’ importante inoltre che i bambini possono continuare a fare le cose “da bambini” come giocare, parlare di cose divertenti oppure fare i compiti e imparare cose nuove. A tutti il bisogno essenziale di socializzazione, forse,  ci ha portati ad abbassare un po’ la guardia, pensando, erroneamente che ormai il peggio fosse passato. Forse anche questo è un modo per demonizzare le paure le incertezze che ci portiamo dentro. Negare la nostra vulnerabilità ci porta ad un illusione che presto diventa delusione, con tutti i comportamenti ed emozioni del caso, tra cui la rabbia

DiGennaro Pirillo

 

 

 

 

 

 

Primo Soccorso Psicologico di Base

Il BPS fornisce le linee guide per il primo soccorso a una persona che sta avendo un attacco di panico. Il soggetto in quegli attimi cruciali, è terrorizzato e si sente di morire, vulnerabile e incapace di affrontare l’evento. Un intervento efficace in cui si dimostra la propria sicurezza nell’attuare il protocollo dona, alla persona sotto attacco di panico, una fondamentale sensazione di fiducia e sicurezza. Il BPS è un protocollo che chiunque dopo la formazione può attuare rispettando le indicazioni esposte durante il seminario. Questo protocollo si propone come una novità nel campo della psicologia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il disagio psicologico ha raggiunto livelli preoccupanti ed in aumento. Purtroppo tale osservazione precede di molto la pandemia di questo periodo che ovviamente ha peggiorato e complicato di più la situazione. Dare il nostro supporto agli altri è fondamentale e necessario.

DiGennaro Pirillo

 

 

SCRIVERE PER PENSARE

La trascrizione di un’esperienza per migliorare la nostra salute.

Cosa, come e perché sono aspetti fondamentali che verranno analizzati durante il gruppo “ Scrivere per Pensare”. Il trauma, un evento percepito negativo, vengono contestualizzati attraverso la scrittura. Il processo di scrittura guidata e la sua lettura portano al superamento del trauma e ad acquisire un miglioramento delle condizioni di salute. Le emozioni riviste e rivissute vengono analizzate dai soggetti e percepite sotto una veste nuova. Si combinano due fenomeni, la Catarsi e l’Insight, entrambi, insieme, servono a liberare  e ristrutturare i pensieri che vincolano il soggetto nel congelamento del momento traumatico. La possibilità di avere diversi punti di vista propri e del gruppo velocizzano e migliorano il traguardo proposto dai partecipanti del gruppo stesso. Il gruppo e il conduttore sono partecipanti attivi per l’organizzazione mentale di cui si ha bisogno dopo un trauma o comunque dopo un periodo ritenuto negativo della nostra vita. Il rimurginare ci chiude in loop mentale di cui difficilmente riusciamo a liberarci. Il lasciarsi andare, con una linea guida, attraverso la narrazione,  libera l’individuo dalle inibizioni che si porta dietro e che senz’altro non hanno un beneficio sulla sua salute.

 

 

 

DiGennaro Pirillo

LA RIAPERTURA DELLE SCUOLE E’ ALLE PORTE….
Il protocollo di sicurezza per la ripresa di settembre, sottoscritto il 6 agosto dal ministro Azzolina, prevede tra le altre cose il supporto psicologico nelle scuole.
La pandemia mette a dura prova tutto il sistema scolastico ed i suoi protagonisti che impatta sulla salute psicologica. Fondamentale diventa, quindi, prevenire e ridurre il disagio psicologico e fornire risorse sia adattive che di resilienza.
Il DISAGIO anche se non è una malattia nel senso stretto ha pesanti ricadute sul presente e sul futuro, in modo particolare in soggetti nell’età dello sviluppo. In genere i più giovani tendono ad interiorizzare il loro malessere, facendolo diventare più profondo e strutturale. Non dimentichiamo che i ragazzi hanno subito uno stravolgimento delle abitudini, l’isolamento durante il lockdown, quindi la perdita di contatto coi i propri coetanei nei luoghi abitualmente frequentati.
Il contatto sociale rappresenta un ingrediente fondamentale per un loro sano sviluppo.
Il disagio provoca problematiche psico-comportamentali, irritabilità, difficoltà di concentrazione, nervosismo. Per i più grandi abbiamo la possibilità di vari comportamenti a rischio, ad esempio gli abusi: fumo, alcool, videogiochi.
Importante è la reciproca collaborazione tra scuola, genitori, psicologo senza cadere in sterili critiche non propositive.
Lo psicologo ha come obiettivo fondamentale la prevenzione, la promozione delle risorse e delle capacità per affrontare i problemi, un consulente e un facilitatore.
DiGennaro Pirillo

Pandemia……acqua passata…

Pandemia……acqua passata..

Il titolo dell’articolo è una provocazione….ma forse non tanto. Non voglio parlare della pandemia in quanto tale…ma “dell’acqua passata”. 

L’acqua passata è la Paura. Questa è un emozione primaria e fondamentale per ogni specie vivente, grazie ad essa noi ed altre specie animali dobbiamo la propria sopravvivenza. La paura è contagiosa, si diffonde rapidamente nei gruppi. Basta uno scoppio, un rumore, persone che fuggono che anche noi istintivamente ci troviamo a correre nella stessa direzione. La parte razionale, quella che valuta, è troppo lenta per la nostra sopravvivenza. La paura,  da individuale, può diventare un fenomeno collettivo che come un virus può “infettare” intere società. Ogni specie animale, noi compresi, di fronte ad un pericolo attuiamo reazioni istintive che servono alla nostra sopravvivenza: la fuga, l’immobilità o la risposta aggressiva. Questo perché? Qui parte il mio amore per le  neuroscienze. Al centro di questo processo c’è l’amigdala ( tenetela a mente la troveremo in tantissime altre occasioni), una struttura primordiale, che appartiene al sistema limbico , che elabora i segnali prima che la nostra parte superiore, del cervello, capisca cosa stia accadendo. La paura è adattiva per la specie, ha la funzione di attivare, in genere, un’azione motoria o comunque un comportamento atto alla nostra salvezza. Quando vediamo qualcuno provare paura si attiva in noi una struttura cerebrale chiamata corteccia cingolata anteriore ( anche questa la incontreremo spesso) che collega i due emisferi del cervello….che stimola l’ amigdala ..e il gioco è fatto. La paura diventa un meccanismo di imitazione che si riscontra in tutti gli animali sociali. Voglio precisare che tutte le emozioni sono contagiose, anche quelle piacevoli, basti pensare a quante volte abbiamo riso di fronte a qualcuno che rideva in modo incontenibile.

La paura però, per la sua valenza, lo è in modo particolare tanto da provocare fenomeni di panico collettivo. 

Arriviamo a cosa è successo durante questa epidemia. Cosa succede quando parliamo di questa pandemia, qual è stato il nostro comportamento?

Non tutti ci comportiamo allo stesso modo, per svariati motivi. Tanti non  hanno vissuto la paura forse perché non sono stati colpiti o non hanno visto malati molto vicino a loro, poi ci sono state  persone molto sensibili, che hanno cercato in tutti i modi di trasmettere agli altri informazioni sui rischi, per poter  sensibilizzare l’uso di precauzioni, infine c’è chi la paura l’ha vissuta da solo, non uscendo di casa, proteggendosi con guanti, mascherina e usando distanze di sicurezza.

La paura, il suo contagio, in questi casi ha portato  maggior consapevolezza,  come lavarsi le mani più spesso, stare a casa e usando attenzione nelle relazioni interpersonali. Tutto questo ha abbassato il rischio di contagio. 

Un altro effetto della paura è cercare la fonte, la risposta alle nostre paure,  quando non la troviamo nasce il capro espiatorio, che può essere il complotto, lo straniero. La paura comunque può anche essere un opportunità, infatti le paure individuali possono costituire un momento di crescita ( ma anche crisi interiori) e le paure collettive possono portare fattori di progresso ( ma anche di regresso). Le paure, quelle collettive in genere spariscono da sole, avviene una rimozione collettiva, però alcune volte ritornano. Pensiamo ad esempio al terrorismo, alla guerra atomica, hanno avuto, come paura, un indice molto alto, poi sembrano svanite, ma pronte a ritornare ad ogni piccolo segnale. Questa pandemia un giorno sarà acqua passata, la paura andrà via ma molto probabilmente basterà un piccolo segnale e il nostro istinto di sopravvivenza si farà vivo. La paura va vissuta ma  dobbiamo far in modo che non ci travolga.

DiGennaro Pirillo

Teatroterapia….quando la relazione è importante

La Teatroterapia come tutte le arti terapie sviluppa una buona relazione attraverso la crescita personale, attraverso la consapevolezza delle proprie ed altrui emozioni. La comunicazione nel processo della Teatroterapia avviene attraverso diversi canali, scoprendo risorse nuove nella propria individualità e rapportandola agli altri. In un ambiente protetto e non giudicante ognuno ha lo spazio e il tempo di sperimentarsi in diverse tematiche, in problematiche che trovano una soluzione proponendosi ad esse in modo diverso. Il percorso è adatto a tutte le età

DiGennaro Pirillo

Comunichiamoci

Comunicare, è il primo bisogno di ogni uomo. Il bambino, già dalla nascita, se riesce ad avere una comunicazione efficace con il proprio care giver, troverà un suo equilibrio e la sua serenità. Comunicare è il bisogno di trasmettere un messaggio chiaro ed univoco, questo purtroppo non sempre accade. Spesso ci troviamo nelle condizioni di non riuscire a comunicare quello  che vorremmo, questo può creare delle frustrazioni, ci sentiamo incompresi oppure indichiamo solo gli altri come manipolatori delle nostre intenzioni. La comunicazione coinvolge due o più persone e acquista importanza i ritmi, le pause in essa contenuta. Importante è il canale usato e la sincronizzazione tra le parti, da chi trasmette a chi riceve in ascolto attivo. La comunicazione in genere va modulata in base al contesto o alle esigenze delle parti coinvolte. Questo e tantissimo altro nei nostri incontri. Parleremo dì assertività per dichiarare la nostra opinione senza entrare in conflitto. Vi aspettiamo, gli incontri, in genere, hanno cadenza settimanale. Presto in sede.

DiGennaro Pirillo

Isolamento sociale da Covid 19

Conseguenze dell’isolamento 

Se ne parla tanto, sui social, articoli sui giornali, discussioni tra opinionisti, dichiarazioni e commenti fatti da tutti. Insomma, ognuno, a titolo o non, ha detto la sua. Alcune dichiarazioni sono state catastrofiche, alcune troppo semplicistiche, alcune ovvie e banali. 

Siamo sinceri, questa è una situazione poco conosciuta perché gli effetti psicologici dell’isolamento sociale ancora non sono noti perfettamente. Sono iniziati diversi studi in diversi paesi nel mondo e ovviamente sono ancora in atto. Quindi tutto quello che troverete scritto in giro sono solo teorie, supposizioni, molto plausibili, deduzioni, ma nessuna certezza. Conosciamo qualcosa di simile, ma molto limitato, durante la SARS in Cina e Canada, e durante l’ Ebola in alcuni stati africani. Ci sono studi sull’isolamento degli astronauti, privazione sensoriale di persone che hanno vissuto in un lungo periodo in grotte, eremiti lontani da qualsiasi contatto umano, monaci buddisti in prolungato ritiro spirituale e in uno stato di profonda meditazione. La cosa che differenzia tutto ciò, del momento che viviamo, è che nei casi appena elencati c’era la loro volontà, la loro consapevolezza, la loro motivazione per un fine, uno scopo. Inoltre, in genere, alle loro spalle c’era una lunga preparazione fisica e psichica per affrontare quella situazione. Soffermiamoci brevemente su alcuni aspetti dell’isolamento che viviamo e facciamo alcune riflessioni.

Solitudine, forse è l’aspetto più evidente, uno degli aspetti che colpisce di più, forse perché noi come specie, in questa era particolare, ci alimentiamo di contatti sociali, di relazioni. Siamo abituati ad abbracciarci, stringere la mano, baciarci. La privazione di tutto ciò ha ripercussioni ora e l’avrà anche dopo, sia sulla psiche che sia sul corpo, anche perché mente e corpo sono spesso due faccie della stessa medaglia. Gli studi fatti sulla solitudine, che ha sempre afflitto, in condizioni normali, una fetta della popolazione, hanno riscontrato un aumento dell’irritabilità , un aumento del rischio di ansia cronica e di depressione, inoltre un aumento di malanni sul versante fisico. La solitudine porta maggiore stress, molto probabilmente perché siamo soli ad affrontare qualsiasi problema, siamo più vulnerabili. Lo stress protratto, inoltre, porta ad una deficienza immunitaria, disturbi del sonno oltre che danni cardiovascolari. In questo periodo la solitudine è più focalizzata, siamo più attenti al nostro stato, ai segnali di esclusione sociale, ai like non raggiunti sui social, ai commenti e alle condivisioni, alla frequenza di quando siamo ricercati. Nelle persone che hanno un alta percezione di solitudine spesso confermano il loro stato di solitudine sociale.

Convivenza forzata, in questo periodo siamo isolati da tutto il mondo, da tutti ma spesso incastrati in convivenze forzate con persone con cui condividiamo la nostra casa, in molti casi sono solo pochi metri quadrati. La convivenza forzata, in molti casi senza uscire quasi mai, anche con i propri figli e partner, può essere abbastanza pesante. Il paradosso, non si riesce ad essere da soli! La quotidianità di diverse persone è stravolta e la convivenza con i problemi di ognuno, non è sempre facile da condividere. 

Ansia, ovviamente è la situazione più riscontrata, ognuno in questo periodo l’ha vissuta o ancora adesso la vive. Definiamo, però, meglio questo aspetto senza pretendere di essere esaustivi. L’ansia può insorgere, come in questi casi, da una forte preoccupazione. Possiamo elencare ad esempio la paura del contagio per sé e per i propri cari, in modo particolare se questi sono anziani o persone vulnerabili. Possiamo aggiungere la preoccupazione per la propria condizione economica, magari scaturita dal blocco della propria attività lavorativa. L’ansia potrebbe  insorgere anche dal pensiero di uscire, probabilmente pensando che gli altri possano essere una potenziale minaccia, avere il controllo della distanza, avere l’incertezza di quando indossare la mascherina, la confusione se si è in regola, con i casi elencati nell’autocertificazione, ad uscire. Tutte questo può produrre un’ansia cronica, perché è stimolata da una situazione prolungata a bassa intensità,  diversa dall’ansia funzionale scaturita da un evento forte ma di durata limitata.  A tutto questo si aggiunge il maggior controllo che ognuno inizia ad avere del proprio corpo, viene monitorato ogni variazione termica, uno starnuto,  un colpo di tosse, ecc. Per le persone già precedentemente  predisposte possiamo giungere anche ad attacchi di panico. Si può ipotizzare, in una fetta della popolazione, anche un disturbo post-traumatico da stress, quando, finita completamente l’emergenza, si vivrà lo stato di allerta di questo periodo, si rivivrà tutto questo, fino ad evitare quelle situazioni che danno la percezione del momento traumatico  vissuto attualmente.

Sopravvivenza, cosa si può fare? Possiamo iniziare dalle misure ovvie come trovare il giusto rapporto tra tempo libero e lavoro, per chi lavora a casa, cercando il più possibile di separare nettamente le due cose per non essere travolto e sentirsi in ogni momento al lavoro con il computer trasportato da una parte all’altra della casa. Questo ed altro ci serve per aver un minimo controllo. Se non possiamo controllare quello che ci succede in questo periodo, possiamo controllare il modo in cui viverlo, apprezzando i lati positivi, il tempo da dedicare alla famiglia, agli hobby, a tutto ciò che abbiamo sempre rimandato. Apprezzando di aver abbandonato per un po’ le ore di fila, il traffico, le corse sfrenate, i ritardi dei treni, la metro affollata, ecc. Approfittiamo di tutto questo per rigenerarci dallo stress provocato dalla sveglia all’alba fino al traffico per ritornare a casa. Sopravvivere è anche ricreare quella routine che avevamo perso. Per ridurre ansia e spaesamento bisogna crearsi nuove abitudini, nuovi punti di riferimento della nostra quotidianità, creare una nuova normalità al posto di quella che avevamo.  Probabilmente la prossima normalità sarà un mix della precedente e di quella attuale. La nostra mente, in questo modo, non si perde nella continua ricerca di notizie, in pensieri incerti sul futuro, nelle cose che non si possono più fare o altri pensieri, spesso  irrazionali. 

Coltiviamo l’altruismo, ciò aiuta anche la nostra sopravvivenza. Preoccuparsi di chi è in casa da solo, partendo dai nostri parenti, amici e conoscenti. La consapevolezza di fare qualcosa per la comunità, in modo particolare per le persone più fragili, vulnerabili, ci rinforza e ci unisce agli altri. La condivisione, l’appartenenza allo stesso gruppo di ” isolati sociali “, riproduce e sostituisce in qualche modo ciò che abbiamo fatto sempre nella nostra normalità, partecipare ai “grandi eventi”. Nella precedente normalità erano i concerti, le manifestazioni, feste pubbliche o altro a procurarci una sorta di eccitazione condivisa. Vivere insieme le stesse emozioni è qualcosa che ci ha sempre distinto come specie, prima, adesso e quasi sicuramente anche dopo. Lo abbiamo notato all’inizio con le canzoni ai balconi, ognuno in qualche modo ha provato una sua emozione, sapere che allo stesso orario altri provano emozioni molto simili riproduce una nuova emozione, quella di appartenenza collettiva. 

Notizie, la stessa OMS raccomanda di sottrarsi dall’infodemia. Il continuo ascoltare, leggere informazioni sulla pandemia aumenta la nostra agitazione, la nostra ansia. Cosa possiamo fare di fronte a questa esigenza che spesso non riusciamo a controllare? Con il nostro controllo! Dedichiamo solo alcuni momenti prestabiliti, un orario ad esempio, per informarci ed essere aggiornati sulla situazione. Decidiamo cosa fare, sugli aspetti pratici per fronteggiare i vari problemi che si presentano. Colleghiamoci ai siti governativi per non incorrere in Fake news, opinionisti senza una formazione scientifica, sociale o psicologica. Ognuno di noi si sarà imbattuto in catastrofisti, complottisti o coloro che sminuiscono ogni cosa, ciò può alimentare uno stato di confusione e la mancanza di definizione del proprio futuro. Caratteristiche queste che alimentano in alcuni soggetti  forti stati depressivi.

Iperconnessione, la tecnologia in questo periodo ci ha aiutato molto, l’abbiamo apprezzata e sviluppata perché ci ha permesso di mantenere una certa parvenza di normalità nella nostra vita quotidiana. Grazie ad essa la scuola ha continuato in qualche modo il suo percorso, il lavoro, per tanti, si è ridefinito in Smart working,  abbiamo continuato le conferenze, convegni o solo incontri tra amici. La nostra informazione, la formazione passa attraverso i nostri dispositivi con la comodità di essere a casa, in qualsiasi posto, dal divano al letto. Ora senza nessun dubbio ci salva, abbiamo addirittura temuto nei primi giorni un crollo delle connessioni. Ma la prospettiva futura, quale sarà? Il tempo trascorso sui social media è più che raddoppiato in tutte le fasce di età comprese gli ultrasettantenni. Tutto questo è sempre stato criticato da tutti noi, sociologi e psicologici compresi. Molto probabilmente, però, si avrà, nel prossimo futuro, una sorta di validazione di questo comportamento. Gli anziani hanno avuto un’occasione per acquisire capacità digitali che potranno essere utili nella società del prossimo futuro ma una grandissima fetta di giovani potrà preferire questo tipo di comunicazione virtuale a quella reale. La prima più sicura e comoda, la seconda ha bisogno di più risorse, più dinamiche ed un coinvolgimento emotivo maggiore. 

Conclusioni, in realtà non ci sono, ma solo riflessioni che ognuno può e deve fare. Ognuno deve essere proteso verso i cambiamenti che sono crescita. Il cambiamento avviene senza rigidità, senza schemi predefiniti, avviene accettando un buon grado di incertezza, avviene mettendosi in gioco anche con le nostre paure ed ansie. Il cambiamento è novità, cerchiamo di sfruttare tutto questo per avere maggior grinta nei nostri sogni, in ciò che abbiamo sempre desiderato.  Abbiamo scoperto che il tempo per fare le cose si può interrompere in qualsiasi momento e non tutto sarà sempre come prima. Ognuno si consideri sopravvissuto, con la facoltà di aver avuto una nuova possibilità, da non sprecare.

Dott. Gennaro Pirillo

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